E' il 1912, la Groenlandia è ancora largamente inesplorata dagli europei e la stazione commerciale Thule è stata inaugurata da poco. E' da lì che ad aprile parte Knud Rasmussen, accompagnato da un cartografo danese e due cacciatori inuit, a bordo di slitte trainate da cani: vogliono mappare il canale di Peary, un braccio di mare che separerebbe l’isola dal suo estremo Nord, creando un isolotto su cui l’America potrebbe avanzare pretese, e testimoniare usi e costumi del popolo inuit. Una missione da affrontare con entusiasmo: «Viva la lotta per la vita!» è il motto degli esploratori di fronte a una natura vergine tanto crudele quanto meravigliosa, che affama cani e umani ma regala scenari mozzafiato fatti di luce, vento e ghiaccio. La calotta polare è un deserto bianco dove misurarsi con se stessi, anche con l’aiuto di qualche libro, Flaubert, I promessi sposi, da leggere al riparo degli igloo. Ma soprattutto, la sopravvivenza dei quattro dipende dai saperi degli inuit, che Rasmussen riporta meticolosamente, trasformando il suo diario in un inestimabile documento etnografico: che siano miti, leggende fondative e riti iniziatici o tecniche di caccia e pesca, istruzioni per rivestire le lamine da sci in pelle di tricheco o per costruire un igloo. Così, tra i problemi pratici di una spedizione a quaranta gradi sottozero e la scoperta di territori sconosciuti e ancora da nominare, Knud Rasmussen racconta le sue avventure con lo sguardo del grande esploratore, che vede nella lotta per la sopravvivenza un valore non solo scientifico, ma anche etico e civile.