NEI GIORNI DELLA RESISTENZA, SULLE MONTAGNE DEL CADORE, GIOVANNA ZANGRANDI AVEVA IMMAGINATO LA PROPRIA VITA DOPO LA GUERRA INSIEME ALL’UOMO CHE AMAVA, IL COMANDANTE PARTIGIANO SEVERINO RIZZARDI. IL SUO SOGNO ERA COSTRUIRE UN RIFUGIO SU UNA SELLA A 1.800 METRI DI QUOTA, CON UN’AMPIA VISTA VERSO LE MARMAROLE, IL LONTANO COMELICO E I BASTIONI ARGENTATI DELL’ANTELAO.
TUTTO SEMBRÒ SVANIRE CON L’IMPROVVISA MORTE DI SEVERINO, A CAUSA DI UN’IMBOSCATA DEI TEDESCHI, IL 26 APRILE 1945, QUANDO MANCAVA UN SOFFIO ALLA FINE DELLE OSTILITÀ. CON FORZA ESEMPLARE, TUTTAVIA, GIOVANNA SI LANCIÒ PRESTO NELL’AVVENTURA DI REALIZZARE UN RIFUGIO SULLA SELLA PRADÒNEGO, CON POCHI MANOVALI E MURATORI, PER POI CONDURLO IN PROPRIO. ALCUNI ANNI DOPO NE RACCONTÒ LA DIFFICILE MA STRAORDINARIA IMPRESA IN UN LIBRO, IL CAMPO ROSSO, EDITO DA CESCHINA NEL 1959.